lunedì 11 luglio 2011

Distopia per lo spazio di massa


Da qualche parte nel terzo millennio potrebbe essere l’inizio ideale per collocare nello spazio tempo una visione distopica dello spazio di massa. 

La distopia è, secondo una definizione letteraria, la prefigurazione fantapolitica di terribili società immaginarie del futuro. 


Nelle molteplici declinazioni letterarie e cinematografiche che prendono forma dalla prime opere del genere, come 1984 di George Orwell, si parte dalla descrizione di società totalitarie basate sul consenso ottenuto attraverso una comunicazione fortemente invasiva, per giungere, nelle descrizioni appartenenti al genere cyberpunk, a mondi dominati dalle corporazioni high-tech che utilizzano l’eugenetica per la trasformazione eterodiretta delle forme di vita. 


Nel nostro caso usare le regole della distopia per immaginare uno spazio di massa del futuro ci mette al riparo dal concepire utopie irrealizzabili. 

L’utopia e la distopia sono legate non solo da una affermazione oppositiva; l’immagine della città nuova vagheggiata dagli utopisti si unisce alla narrazione della società deviata della distopia componendosi del medesimo slancio. 

L’ utopia recide i legami con il passato e con i luoghi del presente, opera una cesura netta tra la storia reale e lo spazio riservato alla progettazione utopica; la distopia, invece, si colloca in continuità con il processo storico amplificando e rendendo visibili quelle tendenze negative operanti nel presente. 


La visione distopica ci permette di mantenere un’approccio critico verso la realtà che ci circonda. 

Nelle ricostruzioni digitali per il film Equilibrium, l’immaginaria città stato di Libria si compone di architetture reali come l’Olympiastadion di Berlino o il Palazzo dei congressi di Adalberto Libera che fanno da schermo per le comunicazioni del Padre, il metafisico dittatore di una pacificata società in cui i desideri e i sentimenti sono banditi. 




Nell’americano Æon Flux, la città di Bregna si presenta come una composizione curvilinea di volumi che si sviluppano in orizzontale ma il messaggio del film è rappresentato nel Relicle, sorta di dirigibile che volteggia costantemente sulla città. Formalmente il velivolo è un monumento alla memoria delle persone decedute nel corso dell'epidemia di quattro secoli prima, ma una volta a bordo si manifesta il regime distopico: il Relicle contiene una gigantesca banca dati biologica degli abitanti di Bregna. 



Una arena tecnologica da cui si irradiano nello spazio verticale una moltitudine di flussi luminosi,  fonte di una libertà che è di per sé irrazionale, inafferrabile.


 
Fonte costante di creatività e stupore incontrollabile.




Nessun commento:

Posta un commento