lunedì 2 maggio 2011

Forma e spazializzazione della massa






“La massa naturale è massa aperta: non c’è limite alla sua crescita . Essa non riconosce case, né porte, né serrature ; chiunque si chiuda dinanzi a lei , appare sospetto. << Aperto>> dev’essere inteso qui in tutti i sensi: la massa è aperta dovunque ed in ogni direzione. La massa aperta esiste fin tanto che cresce. La disgregazione subentra non appena essa cessa di crescere”.  Elias Canetti, Massa e potere, p.19


<< Aperta >> è la definizione che Elias Canetti, nel suo capolavoro di una vita Massa e Potere, dà alla natura della massa: ne consegue che la forma estrema della massa è lo spazio aperto e una prima iniziale spazializzazione può far coincidere la massa con lo spazio stesso dove si è radunata, un’area qualunque tra cielo e terra in cui si concentri una certa quantità di persone può già essere considerata uno spazio di massa. 


“Ci saranno parecchie cose da dire sulla forma estrema della massa spontanea. Ove nasce, nel suo nucleo essenziale, essa non è così genuinamente spontanea come appare; ma per tutto il resto, se si prescinde dalle cinque o dieci o dodici persone da cui ha avuto origine, è spontanea davvero. Da quando esiste, vuol essere di più . La spinta a crescere è la prima e suprema caratteristica della massa. Essa vuole afferrare chiunque le sia raggiungibile. (…) Potevano trovarsi insieme poche persone, cinque o dieci o dodici, non di più. Nulla si preannunciava, nulla era atteso. D’improvviso tutto nereggia di gente. Da ogni parte affluiscono altri; sembra che le strade abbiano una sola direzione. Nel loro movimento c’è una determinazione che ben si distingue da un ‘espressione di semplice curiosità. Si direbbe che il movimento degli uni si comunichi agli altri, ma non si tratta solo di questo, tutti hanno una meta. La meta esiste prima che le abbiano trovato un nome ed è là dove il nero è più nero – il luogo dove la maggioranza si è radunata”.  Ibidem, p.19

Lo spazio della massa aperta si configura come una struttura vulnerabile proprio per la sua forma iniziale, la sua apertura che le consente di crescere enormemente in una prima fase, allo stesso modo la disgrega nel tempo; ciò che ancora non è presente è un principio di forma politica che presieda ad un suo fondamentale ordinamento spaziale. 


“In contrasto con la massa aperta, che può crescere all’infinito, si trova dovunque e perciò appunto pretende interesse universale, si pone la massa chiusa.
La massa chiusa rinuncia alla crescita e si preoccupa soprattutto della durata. Di essa spicca soprattutto il confine. La massa chiusa s’insedia. Nell’atto in cui si confina, crea la propria sede; lo spazio che riempirà le è stato assegnato, e può paragonarsi ad un vaso in cui si versa del liquido e di cui si conosce la capienza. Gli accessi a tale spazio sono contati; non vi si può penetrare in un modo qualunque. Il confine viene rispettato, può essere di pietra, di solida muraglia. Forse è necessaria una cerimonia particolare per essere accolti, forse bisogna versare una certa tassa d’ingresso”.  ibidem, p.20

Solo adesso possiamo tentare una qualificazione in senso funzionale dello spazio di massa come quel luogo che attende, attraverso la ripetizione secondo modalità rituali, alla realizzazione di eventi che abbiano una dimensione pubblica. La massa localizzata e ordinata nello spazio e nel tempo può dotarsi di un immagine simbolica riconoscibile all’esterno: la massa ha trovato lo spazio che le permetterà di continuare ad essere tale. 


“E’ sempre nella prospettiva di ricostituirsi che la massa accetta, illudendosi, la propria dispersione. L’edificio l’aspetta, è lì per lei, e fintanto che esiste i componenti della massa vi si raduneranno come sempre. Lo spazio appartiene loro anche quando subisce il riflusso, e nel suo vuoto ricorda il tempo dell’alta marea”.  ibidem, p.20

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