All’interno della massa si riducono le distanze tra gli uomini, le divisioni sono momentaneamente riconducibili solo ad un ordinamento spaziale in cui la massa si è disposta: è in questo istante “in cui nessuno è di più, nessuno è meglio di un altro”, che si costituisce la massa; questo istante è un illusione poiché la massa avverte solo temporaneamente un senso di uguaglianza tra gli uomini.
“Essi tornano nelle loro case separate, vanno a dormire nei loro letti. Essi conservano la loro proprietà e non abbandonano il loro nome. Soltanto con autentiche conversioni gli uomini rinunciano ai loro vecchi vincoli e ne formano di nuovi”. Elias Canetti, Massa e Potere, p.33
Eppure la massa deve continuare a crescere ed a riempire i recipienti che le si stanno organizzando, la disgregazione a cui per natura tende può essere affrontata solo con un incremento costante delle sue unità: è in questo continuo tentativo di durare che la massa si dispone in cerchio per poter assistere alla formazione di doppie masse vicine per forza ed intensità che commisurandosi l’una sull’altra si durano in vita.
Il cerchio e le forme che ne derivano sono il modello analogico per l’ordinamento spaziale di doppie masse entro i primi veri e propri edifici destinati ad accoglierle.
Il cerchio contiene in se la delimitazione propria della massa chiusa doppiamente verso l’esterno, a cui da le spalle, e verso l’interno, in cui si presenta come un muro compatto d’uomini.
Lo stadion greco è il primo esempio di edificio di questo genere e rappresenta un modello di partenza ancora memore della natura aperta della massa poiché la sua ellisse non si chiude mantenendo un suo lato << aperto >>.
Lo stadio Panathenaiko di Atene era pensato per accogliere le masse di atleti provenienti da tutto il mondo ellenico e proprio il rituale dell’ingresso del teodoforo nello stadio è l’immagine simbolica ancora oggi dell’inizio delle moderne Olimpiadi.
Il modello si normalizzerà nell’esempio successivo: il circus romano chiude l’apertura della sua elisse e vi colloca una serie di edifici, denominati non a caso carceres, da cui fanno il loro ingresso nell’arena gli atleti e gli attori dei vari giochi.
Prima ancora dei culti nei grandi templi e in maniera maggiormente massificata dei teatri, gli stadi, i circhi e le arene saranno per le società antiche e per quelle successive i recipienti adatti ad una massa fatta affluire ordinatamente da diversi ingressi in posti limitati per capienza nei quali a ciascuno sia possibile di vedere bene senza disturbarsi a vicenda.
“Tutti i presenti nell’arena voltano la schiena alla città. Si sono staccati dalla struttura della città, dalle sue mura, dalle sue strade. Per la durata della loro permanenza nell’arena, nulla di ciò che accade in città li preoccupa. Essi si lasciano dietro la vita dei loro rapporti, delle loro regole e abitudini. Il loro stare insieme in gran numero è assicurato per un certo periodo; l’agitazione è stata loro promessa - ma a una condizione davvero determinante: che la massa si scarichi verso l’interno”. ibidem, p.34
Il modello preso in esame avrà la sua massima manifestazione prima nel Colosseo di Roma e poi in epoca più tarda nell’Ippodromo di Costantinopoli dove la formazione di doppie masse verrà sancita ufficialmente dislocandole in settori che le differenziano per colore all’interno dell’anello chiuso delle strutture. Nell’ormai decadente Impero Romano d’Oriente il divide et impera assurto a regola aurea per le passate conquiste finirà per diventare, applicato allo spazio di massa, un sistema di trasmissione dei conflitti interni
La masse che si trovano all’interno dell’Ippodromo, sebbene manipolate politicamente, costituiscono un fronte di opinione pubblica riconosciuta, un potenziale conflittuale che può sfociare in rivolta << aperta >>. Il fenomeno poggia su un concetto di sovranità popolare ancora tutto in divenire, la sua codificazione non porta alla costituzione di nessuna nuova istituzione.
Dal secolo V sino almeno al VII i tumulti all’interno dell’ippodromo saranno all’ordine del giorno. I sostenitori dei quattro <<colori>>, <<demi>> o <<fazioni>> concorrenti (raggruppati a due a due Verdi – Azzurri e Bianchi – Rossi) rappresentano la loro rivalità nello svolgimento delle corse dei cavalli ma sono spinti da tensioni e radicazioni di ben altro tipo. Gli storici marxisti hanno cercato di leggervi una composizione sociale e qundi una proto-lotta di classe tra gli Azzurri, rappresentanti dell’aristocrazia fondiaria e i Verdi dei ceti commerciali e artigianali.
Le masse si contendono i favori dell’imperatore che spesso prende parte manifestando la sua adesione ad una fazione.
“Gli etnologi ci forniscono senza dubbio la chiave di questa sconcertante mescolanza di <<gioco>> e di <<politica>> analizzando ciò che chiamano uno dei <<rituali di conflitto>> : viene mimata un inversione temporanea dei rapporti sociali, nel caso particolare uno scontro frontale tra due gruppi, per il tempo di una corsa di cui l’imperatore o un suo rappresentante è l’arbitro, al fine di scongiurare le tensioni latenti nel corpo sociale e di ricomporre, dopo una crisi fittizia, il consenso necessario all’esercizio del potere( nell’ippodromo, le acclamazioni unanimi o alternate a gloria dell’imperatore). Le riunioni nell’ippodromo sono, in linea di principio, ben controllate dalle regole del cerimoniale; ma il rituale politico che vi si svolge può sfuggire al controllo degli organizzatori e degenerare in violenza di strada”. G.Dragon, Modelli di città. Strutture e funzioni politiche, p.181
E’ proprio questo sconfinare della massa dallo spazio circoscritto dell’ippodromo alle vie limitrofe della città che mette in crisi il modello sin qui descritto: durante la sedizione di Nika nel 532 il << rituale politico>> ad uso del potere imperiale si trasformò nell’acclamazione e designazione di un usurpatore. La sedizione venne soffocata dall’uccisione per mano dell’esercito di circa trentamila rivoltosi.






Nessun commento:
Posta un commento