lunedì 16 maggio 2011

Movimenti di massa: gesta belliche e archi di trionfo





Fin qui abbiamo trattato la massa in stato di concentrazione e abbiamo solo sfiorato la questione del movimento che ne è l’elemento prodromico. La massa in accrescimento è in un continuo movimento esterno–interno; come si comporta quando è all’esterno in formazione compatta? quali sono le sue manifestazioni mentre è in marcia verso la meta prefissata?


La massa ha bisogno di una  direzione. Essa è in continuo movimento, e muove verso qualcosa. La direzione comune a tutti gli appartenenti rinforza la sensazione di uguaglianza. Una meta, che sta al di fuori di ogni individuo e diventa la stessa per tutti. Spinge di sotterra le  mete private, dissimili, che sarebbero la morte della massa. Per la sua durata la direzione è indispensabile. La paura del disgregamento, che sempre vive in essa, rende possibile orientarla verso qualunque meta. La massa esiste fin quando ha una meta non ancora raggiunta. – Ma persiste ancora in essa una oscura tendenza che porta a formazioni superiori e nuove”.                                      Elias Canetti, Massa e potere


Tralasceremo per il momento le masse lente di pellegrinaggio che hanno valenze religiose e spirituali per soffermarci ora sulle masse belliche.
La storia antica e moderna è storia di guerre, di giganteschi eserciti in marcia su vasti territori, spingersi a migliaia di chilometri dai centri di raccolta, incolonnati in direzione di una meta: il campo delle operazioni, teatro naturale di leggendarie battaglie in cui venivano decise le sorti di milioni di uomini.
Quando la battaglia è cessata e la guerra vinta, gli eserciti possono rimettersi in marcia; alla  loro testa vi sono i generali che le hanno guidate alla vittoria, la meta è il rientro glorioso in Patria o l’ingresso nelle città conquistate.
Lo sfilare dell’esercito tra ali di folla che ne celebrano le gesta belliche determina storicamente il principio di acclamazione popolare che le masse hanno imparato ad esercitare in circhi ed ippodromi.


“Che cos’è un’ acclamazione? Una esclamazione di plauso, di trionfo (<< Io triumphe!>>), di lode o di disapprovazione (acclamatio adversa) gridata dalla folla in determinate circostanze. L’acclamazione era accompagnata dal gesto di alzare la mano destra (di cui abbiamo testimonianza tanto nell’arte pagana che cristiana) o, nei teatri e nei circhi, da applausi e sventolii di fazzoletti. Qui, l’acclamazione poteva essere rivolta, come testimonia Cicerone (Att. I, 16), oltre che agli atleti o attori, anche ai magistrati della repubblica e, più tardi, all’imperatore. L’arrivo del sovrano in una città dava luogo a una parata cerimoniale(l’adventus) in genere accompagnata da acclamazioni solenni.(…..)

Essenziale per comprendere l’importanza delle acclamazioni è che, come Peterson non manca di osservare, << esse non erano in alcun modo irrilevanti, ma potevano in determinate circostanze acquisire un significato giuridico>> (PETERSON 3, p.141). Peterson rimanda corsivamente all’articolo Acclamatio nel Pauly-Wissowa; ma  Mommsen nel suo Staatsrecht, aveva puntualmente registrato il decisivo valore giuridico delle acclamazioni nel diritto pubblico romano. Innanzitutto l’acclamazione con la quale in epoca repubblicana le truppe accordavano al comandante vittorioso il titolo di imperator (MOMMSEN, vol. I, p. 1241) e, in epoca imperiale lo investivano dello stesso  titolo di Cesare ( ibid., vol.2, p. 841)”    Giorgio Agamben, Il regno e la Gloria. Per una genealogia          teologica dell'economia e del governo


Nella storia dell’Antica Roma l’ingresso in formazione delle legioni nell’urbe, entro il perimetro del pomerium, prelude, quasi sempre, all’instaurarsi di un nuovo regime.
Se il castrum militare romano è stata la matrice su cui si fondano nuove città da consegnare al dominio dell’Impero, il movimento di marcia delle legioni ha avuto la sua rappresentazione commemorativa negli Archi di Trionfo. Il modello si è conservato nel tempo tornando utile anche in epoche più moderne.





L’arco a uno o a tre fornici è l’ elemento di soglia lungo una direzione di marcia che al suo ultimo stadio si manifesta in un corteo trionfale ma rimanda simbolicamente ad una vittoria ottenuta in un luogo altro: parafrasando Foucault, si potrebbe dire che l’arco di trionfo è un’eterotopia realizzata.

In ultima analisi d'evoluzione del principio: cosa sono gli striscioni d'apertura innalzati su aste nei cortei del movimento  operaio del novecento se non archi di trionfo mobili? Movimento e sua rappresentazione gloriosa allo stesso tempo.





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